Mirror’s Edge – Recensione

[galleria id=”373″]Sentite il vento che sferza la faccia come lame taglienti. I vestiti si gonfiano di aria che sembra volervi fermare. Siete in piedi sul bordo dello specchio, lo sguardo fisso e poi… il salto.

OMICIDIO E FUGA
La protagonista che dovremo impersonare si chiama Faith. Lei e sua sorella sono rimaste orfane a causa di una rivolta a cui hanno partecipato insieme ai genitori per la tutela dei loro diritti. Siamo in una società di un prossimo futuro che si fa scudo, dietro gli specchi degli enormi palazzi di vetro, delle ignobili scelte con cui mascherano le informazioni e manipolano le notizie. Faith si da alla fuga ed entra in una banda di Runners che restano sul bordo di questa pseudo società.
 
FAITH E LA MATRICE
Mi è capitato più volte giocando a questo titolo di paragonare questa esperienza a tutto quello che avrebbero potuto essere i due videogiochi basati sulla trilogia di Matrix. I programmatori avevano infatti basato un gameplay molto simile a quello di Mirror’s Edge, mescolando parti della trama del film con una realizzazione tecnica molto superficiale e poco ispirata che ha rovinato le poche idee buone. Le analogie sono parecchie a partire dallo scopo dell’intero gioco che è quello di correre da un palazzo all’altro, sopra condizionatori d’aria e cisterne, arrampicarsi sopra i tubi o lanciarsi da altezze impossibili calandosi lungo funi sospese. Al posto dell’”operatore” che ci guida lungo le strade della rete avremo costantemente una voce nell’auricolare che ci seguirà tramite un gps che ci consiglierà la strada giusta nel momento in cui questa ci servirà. Anche nei combattimenti avremo il giusto compromesso tra Neo e Chuck Norris. Non avremo il bullett time, in compenso quando affronteremo le guardie che ci vogliono eliminare a colpi d’arma da fuoco avremo delle sequenze in slow motion che ci daranno l’occasione di disarmare il nostro avversario o di servirlo con una salva di pugni o di stenderlo con un calcio volante.
 
IL BORDO DELLO SPECCHIO
Questo gioco si basa su una meccanica del tutto originale, diversa dalla maggior parte degli FPS tradizionali, che fa vivere al giocatore la possibilità di muoversi come un ginnasta e come se fosse lui stesso a muoversi. Negli sparatutto convenzionali siamo abituati a muoverci come dei Terminator a fucile spianato, “semidei” che fanno stragi. A giochi con visuale in terza personale, in stile Tomb Raider, sono invece stati riversati tutti i titoli di agilità. Il non facile compito è stato portato a termine in modo più che bilanciato, senza mai provare la nausea di movimenti troppo bruschi.
In questo gioco deve sapere che si corre dall’inizio alla fine e, a parte qualche piccola deviazione, non è che si faccia molto altro. Il tutto scorre in modo del tutto fluido, un binario che percorre un’unica strada e questa sola dobbiamo fare. I comandi sono semplici da imparare, in linea teorica, un po’ meno di applicare nel pratico utilizzo di situazioni al limite. Se strisciare, saltare e arrampicarsi risulterà quasi naturale un po’ meno lo sarà la fase di combattimento. E’ terribilmente divertente riuscire a colpire un nemico con qualche semplice combo, in fasi avanzate però, o a livelli di difficoltà molto elevati, la cosa risulterà quasi impossibile.
Il comparto grafico è di gran classe e gli edifici risulteranno uguali alle controparti reali, così come i personaggi. Perfette le musiche di sottofondo che aiuteranno la nostra concentrazione abbassando lo stress, bravissimi i doppiatori che caratterizzeranno l’intera esperienza di gioco nella nostra lingua madre, la maggior parte dei quali sono molto famosi. Una nota negativa la apro però proprio su questo punto. Trovo che in un’Italia, culla del doppiaggio, famosa a livello mondiale, chiedere a chi non ne è in grado solo perché è famosa mi pare del tutto inutile. La voce di Faith appartiene ad Asia Argento (la EA deve aver fatto un contratto con la famiglia, il padre infatti ha prestato la sua voce per Dead Space), la quale non solo non riesce a dare un minimo di enfasi alle scene, ma il suo spiccato accento fa apparire il lavoro come se fosse stato fatto da dilettanti alle prime armi.
 
DULCIS IN FUNDO
Il problema che a voi interessa è se ovviamente conviene l’acquisto. La durata del gioco varia dalle 7 alle 9 ore al massimo. Difficilmente lo riprenderete in mano dopo i titoli di coda. La difficoltà è ben bilanciata e qualche punto è ostico ma non impossibile. A mio modo di vedere le cose la longevità è fondamentale. Pagare a prezzo pieno un gioco di poche ore secondo me non ne vale la pena. Ottimo per chi può averlo a noleggio o usato a prezzo pesantemente dimezzato.
 
GRAFICA: 8.5
SONORO: 8
GIOCABILITA’: 7.5
LONGEVITA’: 6.5
TOTALE: 7.5

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